studio in SONDRIO - via Brigata Orobica 45 - Tel 0342 514762 peritosalini@gmail.com

martedì 26 marzo 2013

Tuning cerchi e ruote: primi chiarimenti sul decreto


Non si può definire propriamente tuning ma il decreto cerchi e ruote esonererà dall’obbligo del nullaosta

Il decreto attuativo riguardante il tuning dei cerchi e degli pneumatici, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 56 del 7 marzo 2013, definisce in maniera univoca le norme da rispettare per l'installazione e l'omologazione dei sistemi ruota (cioè cerchio, pneumatico, distanziali e colonnette di fissaggio) diversi da quelli indicati sul libretto di circolazione. Tuttavia ciò che inizialmente sembrava una vittoria per gli appassionati di tuning (dopo quella dei freni), va letto con moderazione: il decreto impone infatti dei paletti piuttosto restrittivi sulle possibilità di variazione delle dimensioni delle ruote ma sicuramente costituisce un grande passo verso la tutela dei produttori di cerchi di qualità e della sicurezza dei consumatori. Cerchiamo di fare chiarezza sulle reali opportunità che gli automobilisti avranno nel prossimo futuro senza per questo mettere arepentaglio la sicurezza stradale.
QUANDO NON SERVE O SERVE IL NULLAOSTA - La normativa  promette di snellire il calvario burocratico che gli appassionati dovevano subirsi per regolarizzare la personalizzazione della propria auto. In futuro, infatti, non sarà più necessario chiedere il nullaosta alla Casa costruttrice dell'auto se si monteranno cerchi e pneumatici diversi da quelli riportati sul libretto, a patto di rispettare le condizioni imposte dal decreto (ovvero che i cerchi siano stati omologati in origine dal produttore e riportino la marcatura che ne evidenzi l'omologazione). Pertanto, se l'installazione di cerchi e pneumatici diversi (purché omologati) non comporta la sostituzione o la modifica di parti dell'auto (compresi i parafanghi), e l'installazione del nuovo "sistema ruota" può avvenire in modo che si possa tornare alla configurazione originaria semplicemente rimpiazzandolo con i ricambi originari non sarà più necessario chiedere l'approvazione della modifica alla Casa costruttrice (il famoso nullaosta). Basterà ottenere la certificazione dell'officina che esegue il montaggio dei cerchi (omologati e certificati) secondo le istruzioni del Produttore del sistema e della Casa Costruttrice auto, per richiedere la "visita e prova" alla Motorizzazione e il successivo aggiornamento del libretto di circolazione. Il nullaosta del Costruttore resta ineluttabile (come già avviene oggi) quando la modifica richiede l'utilizzo di parti meccaniche diverse da quelle originali o software per la gestione dei sistemi ABS, ASR e ESC diversi da quelli adottati dal Costruttore.
QUALI PROVE SONO NECESSARIE - Salvo la parte normativa che riguarda l'omologazione del "sistemi ruota" (di competenza del Produttore), il nuovo decreto sembra davvero guardare ai Paesi dove personalizzare l'auto è più semplice e tollerato. Vediamo in che modo l'automobilista è tutelato dalla nuova procedura: la richiesta di omologazione del Produttore al Ministero dei Trasporti comporta una serie di prove statiche e dinamiche sul singolo tipo di veicolo per il quale è richiesta l'omologazione (alcune particolarmente severe e non previste dalla normativa di altri paesi, costituiranno il vero tema di discussione sull'attuabilità del decreto che richiederà sicuramente alcune "limature" per essere realmente attuabile e permettere ai costruttori di cerchi di immettere nel mercato cerchi "modificati" nel rispetto del decreto). Successivamente, ottenuto l'ok dal Ministero dei Trasporti, il codice di omologazione saràimpresso sul sistema ruota ed indicherà in maniera univoca la comprovata compatibilità del sistema omologato con una famiglia o un modello di auto. L'acquirente non dovrà fare altro checontrollare prima dell'acquisto se la sua auto rientra tra quelle per le quali il sistema è stato omologato e successivamente farlo installare da un'officina autorizzata. Lo stesso codice impresso su cerchi e pneumatici sarà oggetto di verifiche da parte delle Forze di polizia, che verificheranno durante i controlli di routine la corrispondenza tra il certificato di omologazione, il sistema ruota e l'aggiornamento del libretto.
I LIMITI CHE IL PRODUTTORE NON DEVE SUPERARE - Affinché un "sistema ruota" sia idoneo all'omologazione per un'auto specifica (a parte i test per ottenere l'omologazione), il decreto concede un incremento percentuale contenuto rispetto alle dimensioni riportate sul librettodi circolazione. In particolare, è ammesso che la circonferenza di rotolamento esterna sia contenuta in una variazione del +/-2% rispetto alla circonferenza intermedia degli pneumatici previsti in origine (si ottiene tramite un calcolo meccanico-ingegneristico). Molto più immediata è la variazione massima del diametro nominale esterno, che non dovrà essere superiore di oltre l'1% rispetto al massimo diametro degli pneumatici previsto dal Costruttore. La larghezza degli pneumatici non dovrà superare, invece, del 10% la larghezza massima degli pneumatici prescritti dal libretto. Indice di carico, indice di velocità e pressione di gonfiaggio potranno essere uguali o superiori a quelli originali. Fin qui s'intuisce che l'imposizione dei limiti dimensionali sia una misura cautelativa per impedire che una ruota di dimensioni inadeguate interferisca con gli organi meccanici.
SI AGLI PNEUMATICI LARGHI E RIBASSATI - Ciò che lascerà con l'amaro in bocca gli appassionati del tuning è il ridotto margine di modifica permesso dall'attuale decreto ai costruttori di cerchi. Facendo un esempio specifico, infatti uno pneumatico potrebbe essere scartato potenzialmente anche se superasse le prove dinamiche previste dal decreto. Facciamo un esempio pratico : ipotizziamo di studiare la sostituzione degli pneumatici 185/60 R14 (in alternativa 185/55 R15 per il libretto) con degli pneumatici più larghi e ribassati. Secondo le disposizioni normative, la larghezza degli pneumatici massima omologabile sarebbe 203,5 mm(185+10%), ma attualmente il mercato propone gomme solo da 205 mm (fuori limite) o 195 mm. Dopo aver verificato la larghezza massima utile dello pneumatico, Il Produttore che intende omologare il nuovo sistema ruota dovrà anche calcolare il diametro esterno massimo, che nel nostro caso sarà di 59,02 cm (58,44 cm+1%). Queste cifre apparentemente "ridicole" consentirebbero tuttavia alla nostra vettura di calzare regolarmente con il nuovo decreto pneumatici ribassati fino a 195/45 R16 (con diametro esterno di 58,18 cm) su cerchi in lega da 16 pollici. E' inteso che la regolarità del veicolo equipaggiato con il nuovo sistema ruota debba rispettare le condizioni sopra descritte, ma soprattutto che il Produttore faccia omologare queste misure prima di mettere in commercio il kit di modifica. Senza dimenticare che l'installazione del kit dovrà essere effettuata e certificata da un'officina autorizzata e che successivamente si dovrà aggiornare la carta di circolazione.
COMMENTI - Il decreto, che sicuramente è efficace nel tutelare la qualità dei cerchi (e questo è senz'altro un titolo di merito) rispetto al tuning per come è stato concepito, appare tardivo e (tanto per cambiare) macchinoso poiché solo parzialmente migliora la precedente situazione e non mette i costruttori in condizione di poter attuare il decreto stesso per via della "particolarità" di alcuni test di verifica che non sono previsti da alcuna normativa vigente comunitaria (nemmeno tedesca) pertanto ne limita l'attuabilità (salvo ulteriori specifiche da parte del Ministero). Poi è chiaro che all'interno dei limiti imposti, bisogna sempre fare i conti con le misure standard di pneumatici e cerchi offerti dal mercato. In un paese "normale" ed efficiente si potrebbe anche eliminare il collaudo presso la Motorizzazione: basterebbe la verifica visiva dei marchi di omologazione di gomme e cerchi presso qualsiasi officina abilitata alle revisioni (peraltro già abilitata dal Ministero dei Trasporti!). Ci sono voluti oltre 2 anni per la stesura del decreto che avrebbe dovuto semplificare e chiarire le norme in merito al tuning dei cerchi e degli pneumatici, tuttavia la norma appare ancora oscura; forse tra un paio di giorni a Roma ne capiremo di più, parlandone con il Ministero dei trasporti e la Polizia stradale. Guardando al futuro c'è da aspettarsi un prossimo decreto su paraurti sportivi, luci diurne DRL aftermarket e kit luci xeno. Riusciremo a vederli in Gazzetta quando le auto avranno ancora quattro ruote e si muoveranno su strada?..
Si ringrazia il Centro di Ricerche per la Sicurezza Stradale Universitario DISS per aver contribuito a far luce su alcuni aspetti del decreto.

Valutazione e liquidazione del danno tra frodi e aumenti


Quali interventi consiglia l’Ivass per migliorare l'efficienza della valutazione e della liquidazione del danno

Valutazione e liquidazione del danno dopo un incidente stradale: ecco uno dei punti chiave della assicurazione auto obbligatoria, la Rca. Anche perché, in Italia, le truffe hanno un peso molto rilevante, a discapito delle Compagnie e, in seconda battuta, degli automobilisti onesti: sinistri falsi o rimborsi gonfiati sono una piaga del nostro Paese. A tale proposito, l'Ivass (l'organo di vigilanza sulle Assicurazioni) è intervenuta di recente per fare chiarezza.
LE FRODI, BRUTTO GUAIO - L'Ivass, sulla base dei dati trasmessi dalle imprese, fornisce con cadenza annuale una statistica sull'incidenza dei fenomeni fraudolenti nella Rca. Nel 2009, i sinistri individuati come riconducibili a fenomeni criminosi a danno delle imprese di assicurazione sono stati oltre 83.000, con un'incidenza del 2,5% rispetto alla globalità degli incidenti. Il corrispondente importo (314,5 milioni di euro) rappresenta il 2,4% dell'ammontare complessivo dei risarcimenti e l'1,9% dei premi del ramo. Al Sud, il problema è particolarmente sentito: in Campania, si registra il 9,6% dei sinistri e l'8,7% degli importi dei risarcimenti, in Puglia rispettivamente il 6,2% e il 5,3%, in Calabria il 4% e il 3,9%.
TRE SOLUZIONI - L'Ivass ritiene che un efficace contrasto dei fenomeni fraudolenti nella assicurazione auto debba realizzarsi attraverso un sistema organico e integrato, articolato su tre livelli. Primo, un efficiente servizio di liquidazione sinistri da parte delle imprese, attraverso il quotidiano operare delle strutture aziendali centrali e periferiche (i circa 4.300 punti di contatto presenti sul territorio e i loro oltre 8.000 addetti) deputate alla liquidazione dei sinistri. Secondo, l'ottimale utilizzo della Banca dati sinistri Ivass, radicalmente rivisitata per renderne le funzionalità idonee alle finalità antifrode. Uno strumento per il contrasto alle frodi che ha ricevuto l'apprezzamento del Fondo monetario internazionale, che lo ha indicato come modello da adottare in altri Paesi. Terzo, l'istituzione di una specifica Unità antifrode. Tale struttura si potrebbe basare su due pilastri: il coordinamento delle banche dati pubbliche e privatecontenenti informazioni rilevanti ai fini della prevenzione degli illeciti in materia di assicurazione auto; l'affidamento a uno specifico organismo, che si dovrebbe avvalere della collaborazione di un nucleo speciale di Polizia, del compito di elaborare i dati rapportandosi con le Compagnie interessate e predisporre documentazione per le eventuali iniziative giudiziarie.
ATTENZIONE ALLA PERIZIA - L'Ivass propone l'introduzione dell'obbligo per il danneggiato di mettere a disposizione dell'impresa, per un periodo di tempo limitato, il veicolo incidentato prima dell'inizio della riparazione, in analogia a quanto previsto dal Codice delle Assicurazioni in materia di accertamento del danno alla persona. Venendo a incidere sulla tempistica della gestione del sinistro, con riduzione di possibili dilazioni, può in concreto scoraggiare comportamenti opportunistici nella assicurazione auto che vanno a impattare sul principio del giusto risarcimento. Per la determinazione del periodo temporale, l'Autorità propone la reintroduzione della disciplina di cui al DpR 45/1981 che prevedeva un periodo di otto giorni non festivi in cui il danneggiato deve mettere a disposizione il veicolo per l'ispezione da parte dell'impresa. L'Ivass ritiene che l'attuale tempistica per il risarcimento dei danni Rc auto (60 giorni per i danni materiale e 90 giorni per i danni alla persona) sia idonea a consentire un attento e capillare monitoraggio sui processi liquidativi. Sotto il profilo del contrasto alle frodi, l'articolo 326 del Codice delle Assicurazioni prevede la possibilità di sospensione dei termini del procedimento sanzionatorio (cui le imprese incorrono nel caso di mancato rispetto dei termini citati) avviato dall'Ivass qualora l'impresa dimostri che sono in corso accertamenti dovuti a un fondato sospetto di frode.
RISARCIMENTO DIRETTO: COME MIGLIORARLO - L'Ivass proporre la modifica del risarcimento diretto, prevedendo la sospensione, per un numero limitato di giorni (trenta), dei termini per la formulazione dell'offerta in presenza di significativi elementi che facciano ritenere il sinistro in "fumus" di frode. Questa sospensione potrà operare solo nel caso in cui dalla consultazione della Banca dati sinistri emergano due parametri di significatività (definiti dall'articolo 4 del Provvedimento Isvap, ex Ivass, 2827/201021). Alla scadenza del periodo di sospensione senza che l'impresa abbia proposto querela o denuncia, i termini di legge riprendono a decorrere. L'Autorità segnala l'opportunità di prevedere l'introduzione di unobbligo di segnalazione dei relitti alla Motorizzazione, per contrastare il fenomeno dell'utilizzo dei relitti di veicoli già incidentati per la "costruzione" di sinistri fraudolenti nella assicurazione auto.

venerdì 15 marzo 2013

RCA-AUTO brutto colpo dalla Corte Europea: Fine del fiduciariato?


RCAuto. Sentenza nella causa C-32/11 Allianz Hungária Biztosító Zrt e a. / Gazdasági Versenyhivatal. (fonte: sportellodeidiritti.org)
Tutela dei danneggiati-assicurati. Gli accordi sui prezzi per la riparazione di veicoli assicurati conclusi tra le società di assicurazioni e le officine di riparazione hanno un oggetto anticoncorrenziale e sono dunque vietati qualora siano, per loro propria natura, dannosi al buon funzionamento del gioco normale della concorrenza. Tale dannosità deve essere valutata in rapporto ai due mercati coinvolti, quello delle assicurazioni automobilistiche e quello della riparazione di veicoli. Brutta batosta europea per tutte le compagnie assicurative che dopo aver cercato da diversi anni di tutelare le proprie casse avendo convinto anche diversi governi tra cui quello italiano sulla bontà del risarcimento in forma specifica che avrebbe obbligato gli assicurati – danneggiati a rivolgersi ad autoriparatori fiduciari delle compagnie stesse pena il pagamento di penali a carico di chi ha subìto un danno alla propria auto che si era rivolto al proprio carrozziere di fiducia, si vedono di fatto bloccate dalla Corte di Giustizia Europea tutte le procedure avviate in tal senso per la loro palese natura anticoncorrenziale. Venendo alla sentenza, la questione ci può far comprendere quali rischi possa portare al mercato, ma anche ai consumatori, se pratiche del genere venissero attuate integralmente in Italia come si era tentato di fare nei mesi scorsi. È chiaro, però che alla luce della decisione europea da oggi il governo o il legislatore, ma anche la stessa Ania che raggruppa tutte le compagnie di assicurazioni operanti nel Nostro Paese, ci dovranno pensare più di una volta prima di introdurre generalmente tali prassi.
Gli assicuratori ungheresi – in particolare la Allianz Hungária e la Generali-Providencia – concordano una volta all’anno con i concessionari automobilistici, o con l'associazione nazionale che li rappresenta, le condizioni e le tariffe applicabili alle prestazioni di riparazione che l’assicuratore deve fornire in caso di sinistro ai veicoli assicurati. Pertanto, in caso di sinistro, le officine dei concessionari possono procedere direttamente alle riparazioni in base alle condizioni e alle tariffe suddette.
I concessionari sono quindi legati agli assicuratori sotto un duplice aspetto: in caso di sinistro, essi riparano per conto degli assicuratori i veicoli assicurati ed intervengono come intermediari a favore degli assicuratori medesimi offrendo assicurazioni automobilistiche ai propri clienti in occasione della vendita o della riparazione di veicoli. Gli accordi tra gli assicuratori e i concessionari prevedono che questi ultimi percepiscano per la riparazione una tariffa maggiorata in funzione del numero e della percentuale di contratti di assicurazione commercializzati per l'assicuratore interessato.
Ritenendo che gli accordi in questione avessero per oggetto una restrizione della concorrenza sul mercato dei contratti di assicurazione del ramo automobilistico e su quello dei servizi di riparazione degli autoveicoli, l'autorità ungherese garante della concorrenza ha vietato la prosecuzione del comportamento anticoncorrenziale e ha inflitto delle ammende alle società interessate.
Il Legfels?bb Bírósága (Corte di cassazione, Ungheria), investito dalla controversia in sede di impugnazione, chiede alla Corte di giustizia se detti accordi abbiano per oggetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza.
Nella sua sentenza odierna, la Corte ricorda anzitutto che gli accordi aventi un oggetto siffatto, vale a dire quelli che per loro stessa natura sono dannosi al buon funzionamento del gioco normale della concorrenza, sono vietati senza che sia necessario esaminare i loro effetti sulla concorrenza.
Successivamente, la Corte constata che gli accordi esaminati mettono in collegamento due attività in via di principio indipendenti:il servizio di riparazione di veicoli e la mediazione di contratti di assicurazione del ramo automobilistico. La Corte sottolinea che, sebbene l’istituzione di un simile collegamento non significhi automaticamente che gli accordi hanno per oggetto una restrizione della concorrenza, essa può nondimeno costituire un elemento importante per valutare se tali accordi siano per loro natura dannosi al buon funzionamento del gioco normale della concorrenza. La Corte rileva che, pur trattandosi nella specie di accordi verticali – ossia conclusi tra imprese non concorrenti – il loro oggetto può nondimeno consistere in una restrizione della concorrenza. La Corte precisa altresì che, nel caso di specie, l'oggetto degli accordi incriminati dev'essere valutato in rapporto ai due mercati coinvolti. Pertanto, spetta al giudice ungherese verificare, da un lato, se gli accordi verticali controversi rivelino, alla luce del contesto economico e giuridico nel quale si collocano, un grado di dannosità per la concorrenza sul mercato delle assicurazioni automobilistiche sufficiente per constatare che il loro oggetto consiste in una restrizione della concorrenza. Ciò potrebbe verificarsi in particolare nel caso in cui il ruolo assegnato dal diritto nazionale ai concessionari, operanti come intermediari o broker assicurativi, esiga la loro indipendenza rispetto alle società di assicurazione. Del pari, l'obiettivo anticoncorrenziale degli accordi sarebbe dimostrato ove fosse probabile che, a seguito della loro conclusione, la concorrenza sul mercato delle assicurazioni automobilistiche sarà soppressa o gravemente indebolita. Dall'altro lato, al fine di valutare l'oggetto degli accordi controversi in rapporto al mercato dei servizi di riparazione dei veicoli, il giudice ungherese dovrà tener conto del fatto che essi sono stati conclusi sulla base dei «prezzi consigliati», stabiliti da decisioni dell'associazione nazionale dei concessionari automobilistici. Nell’ipotesi in cui il giudice constati che tali decisioni avevano per oggetto una restrizione della concorrenza mediante l’uniformazione delle tariffe orarie di riparazione e che, tramite gli accordi verticali, le società assicurative hanno volontariamente ratificato le decisioni dell'associazione dei concessionari – ciò che può presumersi nel caso in cui esse abbiano concluso un accordo direttamente con l'associazione – l’illegittimità delle decisioni di cui sopra vizierebbe anche gli accordi tra le assicurazioni e le officine.

giovedì 7 marzo 2013

Professionisti: a rischio l’obbligo di copertura assicurativa


L'obbligo per il professionista di dotarsi di una copertura assicurativa entro il 13 agosto 2013 rischia di saltare nuovamente.
Visto che, secondo quanto scrive Italia Oggi, i problemi segnalati nel 2012 che avevano portato alla proroga di un anno sono rimasti tutti al loro posto. E la massima che va per la maggiore fra gli addetti ai lavori è che "nessuno può essere soggetto ad un obbligo che non può adempiere".
Visto che, in base al Dpr di riforma degli ordini (137/12), le assicurazioni non hanno l'obbligo di assicurare il professionista. E tale lacuna normativa, a giudizio dei rappresentanti di categoria, attribuisce un potere discrezionale molto ampio alle compagnie di rifiutare la copertura assicurativa oppure di imporla a carissimo prezzo ad un iscritto all'albo in quanto ritenuto "troppo litigioso" per via delle pregresse richieste di risarcimento ricevute dai propri clienti. Una situazione che solo i ministeri competenti, come chiedono Cup (Comitato unitario delle professioni) ed Oua (organismo unitario dell'avvocatura), possono risolvere. In quanto il problema resta normativo.