20 Settembre 2011 - E così, abbiamo anche oggi l'ennesima storiaccia all'italiana della quale occuparci. Una storiaccia che riguarda la presunta irregolarità degli etilometri.
Almeno, di quelli utilizzati per rilevare il tasso alcolemico pressoché in tutto il Nord Ovest.
REQUISITI GIURIDICI - Lo rivela Il Sole24Ore grazie al blog di Maurizio Caprino, che ricostruisce la complicata storia di un laboratorio (decentrato rispetto a quello di Roma) al quale vengono delegate le operazioni di verifica preliminare e periodica della regolarità dei dispositivi prima di affidarli alla forze dell'ordine che devono utilizzarli. Un laboratorio, quello di Milano, che a quanto pare non godeva di tutte le credenziali necessarie a effettuare i controlli come si deve. Attenzione: abbiamo detto "credenziali", e non "requisiti tecnici". Quelli potrebbero essere perfettamente a posto e nulla indica che non sia così. Quel che manca sono i requisiti giuridici attraverso i quali al laboratorio sono state concesse le autorizzazioni a operare.
SANZIONI A RISCHIO - Insomma, tutto lascia intendere che siamo di fronte alla consueta vicenda (che novità) di autorizzazioni, timbri, scartoffie e tutte le altre amenità burocratiche che mandano avanti il Paese o, più spesso, ne bloccano parte dei meccanismi, come probabilmente accadrà in questo caso. Sì, perché ora sono a rischio tutte le sanzioni per guida in stato di ebbrezza elevate in base al Codice della Strada dagli organi di polizia che hanno utilizzato quegli etilometri a partire dal gennaio 2010, cioé da quando il laboratorio milanese è stato autorizzato a revisionarli. Infatti, a chi è incappato in un controllo non sembrerà vero di poter fare ricorso sfruttando l'argomento del possibile mancato rispetto dei requisiti delle apparecchiature utilizzate per rilevare l'infrazioni. E quindi, prenderanno il via estenuanti controversie con le due parti che porteranno avanti le loro argomentazioni. E che forse la spunteranno. (*)
IL "PAESE CIVILE" - Tutto logico, democratico e degno di un Paese civile, dove il cittadino che si sente trattato ingiustamente (anche dalle istituzioni) ha il diritto di rivolgersi alla legge. Però, è opportuno anche sottolineare che nei cosiddetti e presunti "Paesi civili" le norme relative al funzionamento degli uffici pubblici devono, o meglio dovrebbero, essere scritte ed emanate in modo da renderne facile e univoca la comprensione, agevolarne l'interpretazione e, soprattutto, consentirne la rigorosa l'applicazione. E a proposito di ciò, siamo sicuri che nella vicenda in oggetto questi tre requisiti siano stati rispettati alla lettera? Se ciò non è accaduto, è lecito attendersi che i colpevoli saranno perseguiti? E se è invece accaduto, possiamo sperare
che venga perseguito chi non ha applicato le norme? Un "Paese civile", quello in cui chi provoca danni alla cosa pubblica viene quantomeno condannato a rimborsarli.
(*) Nota: è strano come tutti difendiamo i nostri torti con più vigore dei nostri diritti. (Kahlil Gibran).
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